LA CUCINA DI PROMETEO
Sala Verdi Conservatorio di Milano
da un’idea di Pasquale D’Ascola e Gabriele Manca
Mise en espace Pasquale D’Ascola
Art director Francesca Brambilla
Luci e altri effetti visivi Stefano Cattaneo
PROGRAMMA
Sylvano Bussotti (1931)
Musica per amici. Frammenti al pianoforte per danza di carattere (1972)
Luca Maringola pianoforte
Walter Ruttmann (1887-1941)
Wochenende. Film senza immagini (1930)
Aleksandr Scrjabin (1872-1915)
Vers la flamme op. 72. Visualizzazione cromatica di Luigi Veronesi (1983/85)
Diego Petrella pianoforte
György Ligeti (1923-2006)
Artikulation (1958). Partitura d’ascolto di Rainer Wehinger (1970)
Karlheinz Stockhausen (1928-2007)
Elektronische Studie II (1954). Partitura in tempo reale
Aleksandr Scrjabin
Prométhée, le poème du feu, op. 60 (1908/10)
Versione per coro, tre pianisti, clavier à lumière e ensemble di Gabrio Taglietti (2014)
Con il supporto tecnico del Dipartimento di Nuove Tecnologie del Conservatorio di Milano direttore Giovanni Cospito con la collaborazione di Carmen Canale
Umberto Raboni pianoforte concertante
Coro degli allievi del Conservatorio di Milano
Maestro del coro Maria Grazia Lascala
Dedalo Ensemble
Luca Maringola e Tatiana Sokolova pianoforti
Direttore Sara Caneva
Coreografie di e con Simone Magnani
Allieve del corso di arte scenica di Pasquale D’Ascola
Camila Salazar, Cristina Rosa
«Cominciamo a non chiamarlo concerto. Appena si dice concerto va a fuoco, brucia e si consuma la figurina di un signore dipinto di pallido che disegna note nere sullo schermo bianco delle immaginazioni senza immaginativa. Questa è la visione di apertura. Нет, niet concerto. Benché sia vero che musica ce n’è da vendere, ah nossignori, da vedere. Musica multicolore, estratta dal cilindro del buio. Uno spettacolo dunque, un ibrido dove giocherà l’assenza di riferimenti a schemi certi di rappresentazione. Lo spettacolo non vuole; dunque tutto quello che vorrà è aperto ai fantasmi del pubblico. Il punto di vista, sinestètico. Che vuol dire pure qualcosa nella storia dell’arte. E che confluisce in un fare che implica di tutto, i corpi biologici e i corpi illuminanti: il fare e i fari. Il guscio di una sala trasformato in ostrica o volta costellata di geometrie. La digestione o la suggestione. Un po’ di tutto e di tutto un bel po’ per una sera al lume di diecimila lumen. Di più». (Pasquale D’Ascola)